LA LOCALITÀ DI SAINT FONS
La vita di Padre Chevrier fu spossante. Ogni tanto si ritirava recandosi in un luogo isolato a sud di Lione chiamato Saint Fons. La località divenne presto un “luogo benedetto” dove vivere con i suoi seminaristi dei momenti di formazione spirituale. Il luogo sorge su una piccola collina situata alla periferia di Lione che tuttora conserva un fascino spirituale particolare. All’epoca di Padre Chevrier era un luogo di solitudine e di silenzio, nel quale il fondatore del Prado amava ritirarsi per “mettere olio nella lampada”. Sul posto, allora molto isolato perché in aperta campagna, sorgeva una baracca che, prima di essere donata dal proprietario, fungeva da luogo di raccolta per gli attrezzi agricoli e di riparo per gli animali in caso di temporale. I luoghi sopravvivono al protagonista con il loro carico di significati simbolici e perciò costituiscono una fonte spirituale a lunga conservazione. San Fons rappresenta uno dei luoghi più significativi della spiritualità pradosiana. Qui sono ancora oggi visibili sui muri interni della casa interni la trilogia dei misteri di Cristo con i simboli della mangiatoia, della croce e dell’eucarestia che rappresenta in sintesi l’ideale sacerdotale che padre Chevrier ha cercato di vivere e di insegnare. Il collaboratore Jaricot, poco più che ventenne quando fece il suo ingresso al Prado, fu testimone del ritiro svoltosi a Saint-Fons, con 12 ragazzi nell’agosto 1866, durante il quale nella povera baracca, non del tutto sistemata, Padre Chevrier cominciò a scrivere sui muri le iscrizioni che poi diventarono il famoso quadro di Saint-Fons. Alcune delle frasi che Padre Chevrier cominciò a scrivere sui muri sono quelle classiche per esprimere l’ideale di vita sacerdotale. Anche oggi su tutto il trittico di Saint-Fons campeggia il titolo a grossi caratteri: Sacerdos alter Christus, mentre la frase: Exemplum dedi vobis è ripetuta per ognuno dei tre pannelli; poi a seconda del mistero che rappresenta in ognuna delle pareti troviamo scritto: le prêtre est un homme dépouillé; le prêtre est un homme crucifié; le prêtre est un homme mangé. La parte centrale occupa il muro nel quale si trova la porta che offre l’ingresso alla cappella dove è custodita l’eucarestia. I due pannelli dispari occupano le due pareti laterali in modo che chi guarda ha alla sua destra la mangiatoia e sulla sinistra la croce.”Bisogna che i muri parlino”
Nessuno finora aveva posto attenzione al fatto che la trilogia di Saint-Fons fosse una comunicazione murale. Il bisogno di rendere visibili i misteri della vita di Cristo fu una costante della vita di Padre Chevrier. Egli secondo la testimonianza di suor Maria, la prima superiora delle suore del Prado, amava ripetere che in una cappella “bisogna i muri parlino”. Lui stesso si preoccupava di insegnare il catechismo attraverso l’uso delle immagini. Ciò lo spinse per esempio a rappresentare, nella cappella del Prado, sulla sinistra la Natività e l’Annunciazione, sulla destra la scena della deposizione nel sepolcro. Dal punto di vista fenomenologico la comunicazione murale rappresenta sempre in un certo senso una comunicazione “violenta” che cioè non si preoccupa di rispettare la libertà dell’altro. Essa è fatta per colpire, per costringere a leggere. Un libro lo posso chiudere e aprire a mio piacimento. Un messaggio murale, al di là del contenuto o del valore artistico, resta sempre un messaggio violento. Poiché la parete non la posso piegare, il quadro di Saint-Fons rappresenta un’interruzione violenta del desiderio personale. La trilogia di Saint-Fons è là e con la sua ruvida pesantezza costringe a prendere visione del messaggio. Padre Chevrier con una comunicazione murale non smette di costringere tutti al confronto visivo con la realtà spirituale della mangiatoia, della croce e dell’eucarestia. La progressione spirituale, descritta nel capitolo 20 del vangelo di Giovanni, a proposito del verbo vedere in riferimento alle bende a al sudario di Gesù, vale anche per la contemplazione del quadro di Saint-Fons. Si può entrare nel luogo e “accorgersi” di quello che c’è fermandosi al livello fenomenologico. Oppure si comincia a “ragionare” su ciò che si vede facendo la teoria o una riflessione su quanto si vede. O meglio ancora si accetta di lasciarsi condurre dal dinamismo dell’amore divino quello capace di “vedere oltre” le apparenze e i ragionamenti, per contemplare e credere guardando il quadro di Saint-Fons al grande mistero dell’amore divino rivelatoci nella persona e missione dell’Inviato del Padre. La comunicazione murale del quadro di Saint-Fons permette di scoprire che è una comunicazione violenta che intercetta in forma brusca il desiderio di colui che si apre a ricevere il messaggio. Solo attraverso la contemplazione orante, capace di vedere oltre le ruvide apparenze, apre alle ricchezze del dinamismo spirituale del quadro di Saint-Fons.
IL DINAMISMO SPIRITUALE DEL QUADRO DI SAINT FONS
Nell’esperienza spirituale di don Antonio la trilogia assolve parecchie funzioni. Per articolare meglio tale ricchezza distinguiamo tra: segni da ricevere e segni da offrire. I primi sottolineano di più il contenuto mistico, mentre i secondi richiamano quello più tipicamente apostolico della sua esperienza spirituale.
Dimensione teologale
Il quadro di Saint-Fons ha anzitutto una funzione teologale perché sottolinea il primato dell’iniziativa gratuita di Dio nell’esperienza spirituale di Padre Chevrier. La dimensione teologale è quella che fonda le altre perché sottolinea nel rapporto con Dio, la sua iniziativa libera e gratuita attraverso la quale l’anima viene unita al suo Creatore. In modo analogo alla consolazione di cui parla Sant’Ignazio (cfr. Esercizi Spirituali, n° 316) possiamo parlare anche di una consolazione pradosiana intesa come l’aumento da parte di Dio nel discepolo dell’attrattiva per la conformità all’Inviato del Padre, tramite lo spirito di povertà, sofferenza e sacrificio, proprio del quadro di Saint-Fons. Nel quadro di Saint-Fons si sottolinea una certa passività umana, un “ricevere su di sè”, come un “marchio”, il triplice sigillo. Chevrier parla spesso della mangiatoia, della croce e del tabernacolo come le “stigmate” del discepolo di Gesù. Il fenomeno spirituale delle “stigmate” evidenzia i tratti caratteristici delle esperienze mistiche: l’iniziativa di Dio e la passività dell’uomo, il desiderio di conformità, la simultaneità e totalità del dono. Per il fondatore del Prado il triplice mistero della mangiatoia, della croce e del tabernacolo è qualcosa che riguarda “tutti gli uomini”, nella vita di “tutti i giorni” e a partire dal quale i santi si ispiravano per “tutte le loro ispirazioni e pensieri”. All’iniziativa gratuita di Dio corrisponde la libera risposta da parte dell’uomo.
La mistagogia
In modo ampio possiamo descrivere la mistagogia come la preoccupazione di essere introdotti e introdursi progressivamente nel mistero di Cristo. Padre Chevrier la esprime sinteticamente nel quadro di Saint-Fons che rappresenta il cammino di appropriazione da parte del discepolo-apostolo della grazia di Dio attraverso una progressiva iniziazione ai misteri divini. La mistagogia sottolinea che la risposta umana al dinamismo teologale della grazia ha bisogno di distendersi nel tempo senza dimenticare che la stessa collaborazione umana all’azione di Dio è frutto della grazia ricevuta. Non a caso mis-tica e mis-tagogia conservano una radice etimologica comune. Oltre al valore del tempo la mistagogia sottolinea fortemente nel cammino di iniziazione, il potere e la forza dei segni. Lungi da ogni virtualismo magico possiamo dire che, il quadro di Saint-Fons possiede per-sè la forza di introdurre progressivamente nel mistero di Cristo chi lo contempla col desiderio ardente di conformarsi interiormente alla persona dell’Inviato. Giocando allora con le parole possiamo passare dalla dimensione teologale a quella mistagogica dicendo che la mangiatoia, la croce e il tabernacolo da ferite impresse su-di-sè diventano le feritoie che dischiudono al discepolo il cammino mistagogico di iniziazione progressiva al mistero di Cristo. Padre Chevrier sa che il cammino di conformazione a Gesù Cristo non si realizza magicamente una volta per tutte. In una lettera a Jaricot, datata 21 marzo 1866, scrive: “Imparate soprattutto ad essere povero, mortificato e caritatevole. La Mangiatoia, il Calvario, il Tabernacolo, ecco dove bisogna andare tutti i giorni per diventare un buon prete un buon catechista”. Finora l’analisi della funzione del quadro di Saint-Fons si è soffermata sul versante dei segni ricevuti: considerandoli sia come ferite-mistiche che feritoie-mistagogiche che dischiudono il cammino di appropriazione personale del mistero intravisto. La trilogia di Saint-Fons è feconda dal punto di vista spirituale perché il suo dinamismo mistico-apostolico sottolinea nei tre misteri, non solo i segni da ricevere, ma anche i segni da offrire. Passiamo quindi a considerare le altre due dimensioni: quella sapienziale ed apostolica.
La dimensione sapienziale
In tutti i lavori finalizzati alla formazione e all’istruzione egli attinse sempre al contenuto spirituale della trilogia. Con l’espressione sapienziale intendiamo perciò considerare la trilogia come fonte dell’insegnamento, impartito alle persone, attraverso la sapienza evangelica presente nei suoi contenuti spirituali. Padre Chevrier non ha smesso un istante di istruire e di esortare alla sapienza di vita, ispirata al vangelo, contenuta nel quadro di Saint-Fons proponendolo come riferimento spirituale a quanti sono incamminati per diventare preti. L’apprendimento che si riceve non è paragonabile a quello che si verifica stando sui libri. È molto bella la lettera scritta ai seminaristi a Roma che gli avevano chiesto delucidazioni circa la possibilità di proseguire gli studi per ottenere i gradi accademici. Dopo aver comunicato la sua personale decisione Padre Chevrier prosegue parlando dei tre segni come “tre libri” attraverso i quali passa la “vera scienza”: “Pregate molto cari figli,; la preghiera, il crocifisso, la mangiatoia istruiscono più che i libri; la scienza che si impara ai piedi del Crocefisso o del Tabernacolo è molto più solida, più vera e miglior, per quanto riguarda noi stessi, di quella che impariamo sui libri”. Sono tre i segni per istruire il mondo affinché impari la vera scienza. Egli dedicò tutta la sua vita per formare preti poveri che annuncino Gesù Cristo attraverso la sapienza che viene dai “libri” della mangiatoia, della croce e del tabernacolo. La sua più grande sofferenza era che non ci fosse nessuno che rappresentasse Gesù Cristo, Sapienza incarnata, ai poveri.
La dimensione apostolica
Nel quadro di Saint-Fons Padre Chevrier contempla il modo con cui il Verbo ha compiuto la sua missione di Inviato del Padre. Colui che vuole diventare discepolo e apostolo di Gesù Cristo in mezzo ai poveri deve ripercorre lo stesso cammino. Il quadro di Saint-Fons insiste sulla testimonianza pubblica, come “spettacolo al mondo”, che l’apostolo è chiamato a dare perché il mondo possa convertirsi e credere. Solo apostoli, ispirati dalla carità, si offrono per essere mangiati come “buon pane”, dopo essere stati “ben cotti dalla povertà e dalla sofferenza”, potranno nutrire i fedeli come una madre si consuma per i suoi piccoli: “Il prete è come Gesù Cristo un uomo spogliato, un uomo crocefisso, un uomo mangiato, ma per essere mangiati dai fedeli, dobbiamo essere ben cotti nella morte a se stessi, pane ben cotto nella povertà, nella sofferenza e nella morte come il Salvatore nostro modello; allora tutto in noi servirà da alimento per i fedeli: le nostre parole, i nostri esempi… e consumiamoci come una madre si consuma per nutrire i suoi piccoli”. La trilogia è l’arnese, con cui Padre Antonio non smette un istante di lavorare. Essa rappresenta il vero ed unico asse portante della sua esperienza spirituale, il soggetto delle sue continue riflessioni. Egli desiderava riprodurre nella sua vita quella di Gesù Cristo per essere come lui povero nella mangiatoia, crocefisso come lui sulla croce, mangiato come lui nel sacramento dell’eucarestia. La sequela di Gesù Cristo secondo il fondatore del Prado consiste nell’attrattiva a conformarsi alla persona dell’Inviato del Padre che porta il vero discepolo di Gesù Cristo a seguirlo più da vicino secondo il dinamismo spirituale proprio del quadro di Saint-Fons.